Che succede se il maestro si siede dall’altra parte e prende il posto del soggetto in posa?
E se il maestro è addirittura Henri Matisse, come si deve sentire l’allievo che lo ritrae?
E’ quanto immagina Isabella Guidi con la mostra “Se Matisse avesse posato per me”, portata a “Vernice Art Fair” come riflessione dell’artista ferrarese sulla figura, prima appresa ai tempi degli studi accademici e poi oggetto di una lunga rielaborazione personale.
“Se Matisse avesse posato per me”, questa è l’idea che ho in testa. Il maestro che, per tutta la vita, mette in posa e studia la figura, ora posa per me. Perché dovrebbe farlo per me?? Perché i maestri si concedono a chi ama la pittura e lui capirebbe che ho bisogno di studiarlo ancora perché, in fondo, non si smette mai di essere allievi. La sua presenza mi aiuterebbe a riflettere sul segno, sul colore e ancora una volta sulla forma. Sono passati parecchi anni dallo studio della figura in accademia! Ma la figura mi interessa ancora e forse molto di più di allora. Perché a quei tempi la figura era studio scolastico. Un bel percorso, ho capito tante cose. Si capisce molto quando si mettono le mani nel volume e poi si ritorna al segno. Ma adesso scelgo di fare colore e di fare figura perché faccio mio ciò che Matisse disse: “La figura mi permette più degli altri temi di esprimere il sentimento, diciamo religioso, che ho della vita.” Anche il ritratto mi coinvolge profondamente. Il ritratto, come il paesaggio, mette a nudo … rivela molto … ti permette di entrare, di camminarci dentro. E io credo che, mettere in posa Matisse, idealmente, sarebbe come camminare dentro ciò che la pittura dice senza usare le parole. Non saranno semplici ritratti, voglio lasciarmi coinvolgere dalla sua presenza per sentire come il mio segno, il colore e la forma rispondono al richiamo di insegnamenti preziosi. (Isabella Guidi)
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