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In questo deserto di sassi, luogo dello spirito dell'uomo, talvolta aspro e inospitale, ma anche metafora viva di quella parte della nostra anima libera dai ritmi produttivi, dal dinamismo esasperato, dai linguaggi omologati e dai conformismi esistenziali.
“È lì, in mezzo alle difficoltà e alla rinuncia, che ogni attimo di vita diventa prezioso oltre misura. Il deserto stesso insegna ad apprezzare di nuovo il valore delle cose in modo che l’energia del desiderio si risvegli e spezzi il rivestimento soffocante che avvolge il cuore. Perché il fine che dà significato alla vita non è mai una cosa, ma il senso che collega le cose – qualcosa di invisibile, che è possibile vedere solo con gli occhi del cuore”.
Eugen Drewermann
L'installazione, di grandi dimensioni, si presenta come una superficie calpestabile realizzata in resina, apparentemente di sabbia e pietra, ricoperta di sassi di varie grandezze dall'aspetto tondeggiante.
È lo spazio metafisico di un deserto di sassi, simbolo di solitudine, ma non di desolazione, dove le pietre rappresentano il passare del tempo nella dimensione di un tempo infinito. Pietre che nell'installazione potranno essere maneggiate dal pubblico e con le quali realizzare delle composizioni disponendole in equilibrio una sull'altra - da qui il titolo dell'installazione - e creando così composizioni instabili fisicamente impossibili; oppure percorrere e passeggiare all'interno dello spazio come in un giardino.
In questa opera, alle consuete e caratteristiche tematiche del lavoro di Ignazio Fresu, quali: vero/non vero, leggero/pesante, liquido/solido, stabile/instabile e permanente/impermanente, si aggiungono altri elementi come naturale/artificiale, spazio esterno/spazio interno, oltre ad una diretta interattività e azione artistica di derivazione zen, attraverso il "Rock Balancing" da parte del pubblico.

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