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Migrante da me stesso parto per Altrove, lontano dalle mie smarrite valigie dove, sigillate al loro interno, sono tutte le mete di tutti i viaggi mai intrapresi.
Rugginose valigie appesantite dai rimpianti di chi resta e dal nulla che porto con me.
Valigie di memorie, di amori perduti, dimenticati, non corrisposti, amori sofferti, mai rivelati.
Oggetti smarriti dell’anima dove serbo i sogni segreti che celano i sentimenti più intimi delle mie anelate passioni.
Il tempo non cancella, solo la ruggine consola.
Ignazio Fresu
Il viaggio del migrante inizia puntando lo sguardo sulla linea che separa il cielo dalla terra, verso una dimensione indefinita, sconfinata, lontana, mai vuota, un orizzonte disseminato di relitti abbandonati da chi, ormai, ha già superato il limite.
Oggetti smarriti arrugginiti o perduti, come dimenticati in un cammino veloce e distratto, bagagli che evocano quell’insieme di cose importanti che si crede di dover portare con sé quando ci si allontana da casa. Decine di valigie sparse nello spazio rappresentano ricordi, insegnamenti, tradizioni, credenze, certezze, aspettative e speranze, tutte cose che durante il percorso spesso si irrigidiscono, si perdono o si trasformano. L'opera di Ignazio Fresu ci porta ad attraversare una distesa di fossili immobili che, perdendo la caratteristica di contenere, si fanno involucri vuoti e abbandonati, testimonianza di un esodo non certo privo di rinuncia e sofferenza.
Laura Carnemolla e Claudia Francisetti

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